Questo ultimo viaggio mi ha insegnato una cosa: viaggiare riesce ancora ad emozionarmi tanto da farmi piangere come una bambina. Era tanto che non mi succedeva. “Ti abitui”, pensavo, vedi tanta bellezza che i tuoi occhi iniziano a svalutarla. Eppure a quello che ho visto nei giorni scorsi non ero abituata. Anzi penso nessuno mai si possa abituare: Sono arrivata alla fine del mondo ed è un luogo con un’energia schiacciante.
Quando sbarchi a Capo Horn (55.9833° S, 67.2667° W) sai che la terra finisce veramente e che oltre al mare più pericoloso del mondo che ti si staglia davanti, c’è solo ghiaccio, eppure non ti senti piccolo e impotente come magari ti capita davanti a una tempesta o a un vulcano in azione. Ti senti parte dell’albatross che sfiora le onde in lontananza con le sue ali infinite, ti senti parte dei sassi smussati dall’oceano, ti senti dentro all’alga abbracciata dal mare freddo e irrequieto, ti senti vento.
Come caspita ci sono finita io? La risposta è semplice: mi ero stufata di pedalare. Gli ultimi 500 km di pedalate dal Calafate a Punta Arena sono stati difficilissimi. Se vogliamo riassumerli in 3 parole: VIENTO, MUCHO VIENTO! Se ti sta direttamente alle spalle voli come se fossi su una bici elettrica ma se già ti arriva laterale diventa pericoloso, dovendo condividere la strada con le macchine. E cosí mi sono messa a cercare se per caso da Punta Arenas ad Ushuaia ci fosse stata un’alternativa che non fosse l’autobus. (Odio mettere la bici sull’autobus quanto sull’aereo)
Bene l’alternativa c’è e si chiama Australis. Si tratta di una crociera di quattro giorni che ti porta negli angoli più remoti della terra in grande stile. Ho letto “Una cosa divertente che non farò mai più” di David Foster Wallace e per quanto mi abbia fatto sbocciare l’amore per le note a piè di pagina mi ha stroncato quello per le crociere in partenza. Eppure sono certa che questa sia diversa dalle altre. Non si tratta di 4 giorni crogiolati nel lusso tra SPA, piscine e patetici animatori e non c’è nemmeno bisogno di portarsi dietro “il vestito buono”. Si tratta di 4 giorni tra fiordi e pinguini, ghiacciai e delfini guidati da personale esperto e documentato che ha piacere di condividere la propria conoscenza.
Ogni giorno siamo scesi dalla nostra Ventus Australis (un’imbarcazione nuova al suo dodicesimo viaggio, dotata di tutti i comfort), saliti sugli “zodiacs” (dei gommoni a motore) e abbiamo esplorato a piedi terre tanto remote da ritrovarci sempre completamente da soli in mezzo alla natura più selvaggia. Siamo finiti a pochi metri dallo splendido ghiacciaio Pia, e lo abbiamo sentito vivere. Sì, perché io nella mia ignoranza non lo sapevo, ma i ghiacciai non sono statici, si muovono, avanzano o regrediscono anche di qualche metro al giorno e in questo processo fanno un casino incredibile che fa eco tra le sue stesse viscere facendoti vibrare come una corda di violino tesa.
Con i nostri zodiacs affiancati da un gruppo di simpatici delfini siamo andati a conoscere i pinguini di magellano tanto da vicino che ci avrebbero potuto prendere a sberle. Abbiamo percorso per intero quello che chiamano “vicolo dei ghiacciai” ammirandone una serie di cui ognuno ha per nome la nazionalità di chi lo ha scoperto. Questi momenti magici in una fortunatissima serata limpida e senza vento sono stati accompagnati da un aperitivo a tema in base ai paesi da cui i ghiacciai prendono nome. (Pizza e vino per l’Italia, salsiccia crauti e birra per la Germania etc.)
La ciliegina sulla torta della crociera ( e personalmente il miglior modo per festeggiare la fine di un viaggio in bici di migliaia di chilometri sul continente Sud Americano) è stata appunto lo sbarco a Capo Horn. Sull’isola parco nazionale, ci vive una famiglia, assegnata dal governo Cileno e ogni anno cambia. Vivono in quasi totale isolazione e sono sempre felicissimi di accogliere i passeggeri che sbarcano una volta alla settimana, ricordandogli di non essere soli al mondo. Nel 1992 è stato costruito un monumento sul capo per commemorare tutti coloro che hanno perso la vita navigando sul passionale abbraccio tra Pacifico e Atlantico che si stringe intorno al Capo. La leggenda narra che la morte in mare non è la loro fine definitiva, si reincarneranno in Albatross per poi volare per l’eternità sulle correnti antartiche…