Sto per partecipare alla mia prima cerimonia di Ayahuasca, confesso la mia paura a Shirley, la sciamana dagli occhi scuri leggermente a mandorla che sembrano disegnati. Ricordano quelli dei geroglifici egiziani, capelli neri leggermente scomposti, carnagione olivastra, tanti bei nei che sembra una mappa astrale e un sorriso che occupa due terzi di faccia. Mi tranquillizza con voce materna. È normale, dice, il contrario non lo sarebbe. Chiama l’Ayahuasca medicina e dice che quello che dovrà venirne fuori verrà. Ancora, non ho la più pallida idea di cosa stia parlando.
Arriviamo davanti a una casa colorata circondata dalla foresta. Si chiama Villa Bonita, e intorno ci sono dei piccoli bungalow. Uno di questi è riservato a nome nostro. I proprietari, una coppia, svizzero-boliviana sanno cosa stiamo per fare e, qui, siamo i benvenuti.
Il nostro bungalow è relativamente piccolo e piuttosto spartano. Due letti matrimoniali e un divano letto in una stanza dalle pareti color gelato ai frutti di bosco. Un angolo con un tappeto e un tavolino. Sarà lì per terra che tutto accadrà. Shirley e Debora, la sua giovane apprendista, si animano a preparare l’ambiente, cuscini per terra, in cerchio, in modo che sia io che Debora e Jules, un francese alla sua ottava cerimonia, potremo appoggiare le spalle alle pareti. Tagliano delle bottiglie di plastica e ci mettono dentro un poco d’acqua e un sasso per dargli peso e fare in modo che non si rovescino, ne abbiamo 3 e a me invece danno un cestino della spazzatura con un sacchetto di plastica, più grande per sicurezza. Questi sono per eventualmente vomitarci dentro. Su un tavolino Shirley crea un altare con diversi oggetti. Alcuni cristalli di ametista, altri di quarzo, alcune pietre scintillanti che sembrano ematite, delle piume legate insieme a una punta di cristallo, una strana croce con due linee orizzontali fatta di legno. Mi dicono sia una croce brasiliana, importante per proteggere il rito e che i cristalli sono lì per questioni energetiche. Su dei piattini mettono del sale grosso e li pongono ai quattro lati della stanza. Questi sono per protezione, in modo che se qualcuno di noi ha un malocchio nessuno spirito malvagio possa entrare. Il foglio che Shirley mi ha consigliato di scrivere con le mie paure, una coppa di legno scolpita a bassorilievi da cui berremo la pozione di Ayahuasca e un bottiglietta di plastica di “Perù cola” che contiene il liquido scuro che ingeriremo. Tre candele davanti al tavolino che non è al centro del cerchio ma al fianco, per permettere a Shirley di muoversi liberamente durante la cerimonia, e una in bagno.
Shirley apre il grosso bagaglio che si era portata e dentro ci sono alcuni strumenti. Un tamburello, una specie di arpa che si suona con le dita, si appoggia da un lato in bocca, e la si fa fungere da cassa, un ventaglio fatto di foglie e una specie di strana bacchetta intagliata fatta di legno.
Ci fa sedere sui cuscini a terra in cerchio. Alla sua sinistra ci sono io, poi Deb e poi Jules. È arrivato il momento. Il mio stomaco inizia a rombare come un motorino dal nervosismo e mi scuso per l’inconveniente. Mi dicono di non preoccuparmi. L’intimità tra noi nelle prossime ore crescerà parecchio, questo non è niente.
Shirley, dato che sono nuova alla cerimonia, prende parola e inizia a spiegare:
“Il nostro corpo fisico è solo uno dei nostri 7 o, addirittura c’è chi sostiene, 13 corpi. Tra questi ci sono quello etereo, quello astrale, quello mentale e così via. Durante la nostra vita di tutti i giorni, facendoci la doccia siamo in grado di pulire solo quello fisico ma non gli altri. La cerimonia di Ayahuasca deve essere intesa proprio come un lavaggio degli altri. Una pulizia profonda di tutto quello che è parte di noi e non vediamo. Dopo aver ingerito la bevanda è possibile che avremo delle visioni, queste potrebbero essere meravigliose oppure orribili, o forse entrambe, dipende da cosa è necessario per pulirci. La medicina sa cosa ci serve. È anche possibile che non succeda nulla. Ognuno reagisce in modo diverso. È probabile che vomiteremo o forse dovremmo andare in bagno a spurgare. Se necessario, durante la cerimonia ci verrà offerta una seconda o terza coppa. In ogni caso tutto questo è normale e non dobbiamo preoccuparci. Durante la cerimonia, che durerà all’incirca quattro ore, le candele in questa stanza verranno spente, dovremmo tenere gli occhi chiusi e non disturbarci a vicenda perché ognuno entrerà in un suo mondo, e si tratta prevalentemente di un esperienza individuale, nonostante io sia qui per guidarvi ed aiutarvi. Questo lo farò attraverso la musica, cantando e suonando, pregando e fumando tabacco. Se volete fumare anche voi siete i benvenuti a farlo. È possibile avere visioni tremende e finire in posti spaventosi, in questo caso dovremo cercare di ritrovare il nostro equilibrio. Ricordatevi di respirare e concentratevi sulla respirazione. È possibile che alcuni di noi piangeranno e altri rideranno o che queste cose avvengano entrambe magari mentre un altro al nostro fianco vomiti, per questo è importante che ognuno abbia il suo spazio. Se dovrete andare in bagno fatemelo sapere e vi accompagnerò”.
Passa in mano a Jules la bacchetta di legno, come fosse un microfono e gli chiede di dire ad alta voce cosa vorrebbe la medicina guarisse, poi tocca a Deb e infine a me. Traduco il foglietto che mi sono scritta nel mio scarso spagnolo. Principalmente vorrei ritrovare quella parte di me fatta d’innocenza che ho perso a causa dei tradimenti subiti, combattere gli stati d’ansia e poi mi piacerebbe recuperare il rapporto con mia madre che sento di non aver mai apprezzato come avrei dovuto.
Shirley apre la cerimonia con preghiere e ringraziamenti a tutti i suoi maestri, infine chiede il permesso agli spiriti di procedere con la cerimonia. Il liquido denso e scuro sprofonda nella coppa come pece. Sono l’ultima a bere. Il suo sapore è forte, leggermente acido e potrebbe lontanamente ricordare quello della liquirizia.
Il mio stomaco non la recepisce bene e poco dopo la sensazione di nausea è piuttosto forte. Ad occhi chiusi ascolto e aspetto. Potrebbero essere passati dieci minuti o forse mezz’ora ma appena Shirley inizia a suonare la sua specie di arpa le corde sfiorano parti di me che non conoscevo e vengo immediatamente ribaltata in un luogo sconosciuto.
La cosa più simile potrebbe essere la cupola di una moschea di cui i muri non sono necessariamente solidi e cambiano come fossero il contenuto di un caleidoscopio, ci sono tante specie di balconi e pavoni coloratissimi si muovono aggraziatamente. Dove sono? Non ho mai visto un posto tanto meraviglioso in vita mia. Merda, devo vomitare. Forse riesco a tenerlo giù…. No, no, sta salendo. Prendo il secchiello di fianco a me e lo appoggio sopra alla coperta che tengo in grembo. Mi accorgo abbia delle perdite e bagno la coperta, Shirley mi chiede come sto e riesco a comunicarglielo. Mi passa una delle bottiglie tagliate e si prende il secchiello. Non esce niente ma la sensazione di nausea rimane, il posto in cui mi trovo continua cambiare con la musica. Ora e non è più un luogo ma più un esplosione di tutti i colori dell’universo e ci sto facendo il bagno dentro. Mi ricorda le esperienze che ho avuto con i funghi allucinogeni, e la paura che avevo prima di partire per questo viaggio mi passa del tutto. I funghi li ho sempre considerati amici, e apparentemente la molecola del DMT, il principio attivo dell’Ayahuasca, dei funghi allucinogeni e della serotonina sono molto simili.
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La voce del mio io intervalla momenti di silenzio e di puro godimento a domande su dove mi trovo, al pensare di fregarsene di darsi risposte che non può nemmeno vagamente immaginare. Il mio io è tanto ignorante, è come un bambino su un pianeta sconosciuto, ammira tutto, sorpreso e affascinato, cercando di non toccare niente per non far disastri. La voce di Shirley che canta mi prende per mano e mi porta ad esplorare questo spazio nuovo, fatto di energia e amore tanto grande che non riesco a smettere di sorridere. Ora capisco come lei possa avere un sorriso così grande. Vomito? Non vomito? Forse sta volta vomito… sì eccolo qui. Sa della zucca che ho mangiato a pranzo. Continuo a intervallare momenti di coscienza a momenti di fusione col quadro in cui l’ayowaska mi ha portato. Sarebbe bello riuscire a smettere di pensare completamente e diventare parte di esso. Se la voce dentro di me scomparisse forse sarebbe come vivere quello che esiste dopo la morte? Che meraviglia, non fa paura! Al contrario, sei tutto uno con l’universo, piccolissimo ed enorme allo stesso tempo. Eppure tutto questo continuo a pensarlo, e allora non sono morta, il mio io, il mio ego esiste ancora e passa dall’essere narratore di quello che vedo, a protagonista. A volte mi piacerebbe zittirlo del tutto, a volte ci riesco a volte non importa perché ha un ottimo senso dell’umorismo e mi fa ridere, a volte penso sia la voce di qualcun altro.
Shirley continua a cantare, e ora mi ritrovo a fluttuare, sì fluttuare, perché non hai la sensazione di camminare in quello che ti circonda, attraverso le visioni ci si sposta fluttuando, non si ha il su è giù della visione in cammino. Ora sono circondata da un ripostiglio in cui ci stanno accumulate tutte le scartoffie del mondo. Tra queste ci sono anche i famosi mostri e serpenti di cui parlava Shirley prima, ma sembrano così innocui appoggiati sugli scaffali impolverati dell’universo. Sembra di stare dietro alle quinte di un set di un film pieno di effetti speciali. Forse ci sono davvero, il film è la vita e questo posto è quello che esiste veramente! Qui, dove sono ora, vengono costruite le paure e scoppio in una gran risata! Allora è così! È tutta una finzione, una proiezione! Noi che soffriamo tanto ogni giorno, siamo solo attori inconsapevoli! E quindi, se le paure sono inventate il male non esiste? Non esiste!!! L’ho detto ad alta voce o l’ho pensato, tutto rimbomba forte tra le mura delle mie meningi! Oddio, ho sbagliato, sono stata troppo gagliarda, ho aperto il vaso di Pandora, ho svegliato qualcuno che dovevo lasciare stare, o peggio l’ho sfidato! La musica cambia e ayowaska mi zittisce. Il male esiste eccome ed è anche dentro di me. I suoni diventano scuri, mi tolgono il respiro, mi soffocano. È tutto nero. Nero è il miglior modo in cui possa descriverlo, perché è molto peggio, è tutto il male del mondo che sta bollendo in pentola e io ci sono cascata dentro. Il mio corpo soffre, sembra schiacciato dal peso di un buco nero che nel giro di un istante si è portato via tutta la mia felicità. Mi sento male. Sono sprofondata in un abisso di dolore, orrore, ansia, paura, pena, schifo, viscidume, cattiveria e odio senza via d’uscita. Maledetto ego te la sei cercata! A sfidare le paure come fossero giocattoli. Questo male non è una visione è piuttosto una sensazione, una sensazione orribile dalla quale penso di non poterne più uscire. Il mio corpo mi spaventa. Ha reazioni che non riesco a controllare, ho paura si spenga, vorrei dimenticare che esista. Respira, ritrova il tuo equilibrio. Aiuto!
Shirley si avvicina a me, mi soffia tabacco sopra alla testa, mi accarezza il viso con le piume, sbatte il ventaglio di foglie, beve e sputa l’acqua vite sulla mia aurea. Canta, canta che tutti diavoli possano essere felici, canta amore incondizionato verso tutto, anche il male, queste parole e la sua voce guida mi riportano a galla, mi chiede come sto. Bene, credo. Spero di non tornare mai più in quel posto…
Quindi il male esiste, e fanno bene a chiamarlo così. Il mio io o chiunque sia ora a narrare dice che si può sempre scegliere. Libero arbitrio, fa ciò che vuoi, dice la scritta sull’auryn. Posso e voglio scegliere di essere un essere di luce, non di tenebre. Me lo dovrò ricordare sempre, qualsiasi cosa accada! Riprendo a fluttuare in quella direzione, nella direzione di chi crea per amore e passo a trovare uno ad uno tutti i miei artisti e scrittori preferiti, per questo adoro l’essere umano, perché ha un arma potentissima dentro di sé: l’arte per combattere il nulla. Devo continuare su questa strada, continuare a scrivere, continuare a condividere per poter essere d’ispirazione ad altri e mantenere un bilancio salutare tra bianco e nero su questo pianeta. Più sostanza e meno apparenza, fare quello che mi piace per me stessa e non per fare in modo che piaccia, perché purtroppo alla maggior parte della gente piacciono un sacco di puttanate. La coerenza a lungo termine porterà i suoi risultati. Non dimenticartelo! Ma sono io o chi è a dirmi tutte queste cose? E me le sta dicendo o me le sta facendo capire attraverso questo turbinio impazzito di immagini e pensieri. Ora è Debora a cantare. Rispetto a Shirley è stonata come una campana, mi vien da ridere di nuovo.
E tutti questi altri 6 corpi invisibili che abbiamo quindi come si muovono da un posto all’altro? Non ci saranno confini in questi mondi paralleli che sto visitando? Immagino non serviranno documenti eppure mi piacerebbe, per spirito goliardico, farmi un passaporto per il mio corpo astrale e poi mi piacerebbe anche imbottigliare le lacrime di tutti i presidenti di tutte le nazioni al mondo e metterle su un altare come fossero dei “ready made” di Duchamp. Anche loro avranno pianto qualche volta nella vita no? Pure Trump, l’avrà fanno isn’t it? Che ridere questa lingua interiore che parlo che è un misto tra italiano inglese e pessimo castigliano.
Le mani di Shirley si appoggiano sul mio stinco destro dove ho tatuato un serpente e inizia a cantare e a cullarmi con questa canzone:
Le sue parole si fondono con il mio utero ed esplode un calore che da dentro il mio ventre, passando dalle mie mani si espande verso l’infinito. Piango dalla felicità, abbraccio il pianeta, amo quest’angelo di luce davanti a me, i confini del mio corpo fisico finalmente non esistono più nonostante tutto questo sia procurato dalla totale armonia dei miei cinque sensi. Amo le mie orecchie per essere un imbuto di musica, la mia pancia feconda d’amore, le mie mani d’energia, i miei occhi chiusi, amo il mio essere donna. Amo tutte le donne, la donna giaguaro, la donna serpente e tutta i loro sacrifici. Amo mia mamma perché senza di lei non sarei al mondo. Mi rendo conto che sono parte di lei e lei parte di me. Che tutto il resto non conta. Le incomprensioni, le litigate, le differenze di opinioni: sono inezie davanti alla potenza del suo sentimento. E allora la vedo, davanti a me, stanca, lavorando come fa tutti i giorni da quarant’anni senza fermarsi, a fare un caffè dopo l’altro, sorridendo a tutti i clienti che entrano. Non ha avuto una vita facile e io non l’ho mai capita. Sono stata una figlia viziata e maleducata nei suoi confronti, non le ho mai dato l’amore che si meritava nella sua infinita dolcezza. La mia scusa era che avevamo dei caratteri incompatibili.
Shirley si è ora allontanata e prendersi cura di Jules, che mi sembra di intuire non se la stia passando tanto bene. Tutto quello che mi è fisicamente attorno è però ovattato e lontano e scoppio a piangere disperatamente, abbracciando la mia mamma stanca, mandandole tutto l’amore che le ho sempre negato e chiedendole scusa. Piango senza ritegno, ogni lacrima è un nodo che si spezza, ogni lacrima è un passo verso di lei. Ora so cosa devo fare. Concentrarmi sulla semplicità di questo messaggio e adorarla per sempre, cosí com’è con tutti i suoi difetti perché sono anche i miei.
Devo chiedere scusa, per essere una persona completa devo sprigionare quest’amore ingabbiato dalla razionalità imposta da mentalità diverse. Si presenta il mio ex, la consapevolezza che lui fosse mio figlio in un altra vita improvvisamente mi balza agli occhi, chiedo scusa anche a lui e gli offro l’amore incondizionato che solo le mamme hanno la forza di donare. Vado a visitare tutti i miei affetti, mi trovo a Dublino ad ammirare Jonathan, il mio ragazzo, mentre dorme sdraiato sul divano, e gli bacio la fronte, poi sono a casa di Marco in Friuli, poi da Jaime a La Paz, poi da Heli in Finlandia e poi da Dino in Siberia.
Debora, la giovane sciamana, inizia a fare dei rituali intorno al mio corpo fisico e improvvisamente mi viene da aprire gli occhi. Non è più lei, ha le sembianze di una ragazza che ho conosciuto settimana scorsa, ha il viso di un angelo, emana una splendida luce propria e mi carezza il viso, coccola, abbraccia e tranquillizza. Smetto di piangere rinata tra le sue braccia.
Torno sulla terra, Jules ha appena preso la terza tazza, perché sembra la medicina non gli abbia ancora fatto effetto, le sciamane mi chiedono di cantare per lui e lascio la mia voce, che sembra ora, pulita e cristallina risuonare nella notte. Il povero francese si scusa per aver prolungato la cerimonia ma non c’è nulla di cui scusarsi, sono felicissima di poter aiutare chiunque in qualsiasi modo, in questo momento. Anche fosse stato il diavolo in persona.
Shirley chiude la cerimonia, ci abbracciamo uno con l’altro come anime ancestrali e andiamo a dormire. Avrei mille domande, ma sento non sia il momento di farle. Prima di addormentarmi scrivo tutto. Ho paura di dimenticare. La consapevolezza con cui sono entrata in contatto oggi è troppo importante per essere persa.
In mattinata, faccio una doccia anche al mio corpo fisico e mi sento pulita e azzerata come la vita iniziasse oggi. Esco presto, prima che gli altri si sveglino, ad ammirare le montagne ricoperte da un spessa coltre di nubi. La felicità di essere parte del creato non mi ha abbandonato con la fine della cerimonia.
Ti puoi scervellare come un pazzo per tutta la vita a cercare soluzioni e alla fine hai tutto sotto al naso, semplicemente, a volte, ti serve vedere tutto da un prospettiva diversa e l’Ayahuasca non è altro che l’occhiale magico che stavi cercando.
WOW!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Dari che dire…..niente
Sappiamo che è cosi,io sono cosi e tanto mi ha radicato il Ganoderma,qui e ora esattamente dove voglio essere.
Ti voglio bene ciao.
Che viaggio!!!!!
Bello,interessante e,penso sia anche un modo per mettere a conoscenza Gisella di sentimenti che non esprimi platealmente.Brava Darinka.
La felicità di essere parte del creato riesci a descriverla e a sentirla, proprio come capita di sentirla a me.
Bello, Darinka!